Ho un brutto

presentimento ma proprio brutto, brutto, brutto...

Gli sgomberi di Askatasuna e del Leoncavallo: si può ancora dissentire dal pensiero unico? - Strisciarossa

Viene una grande tristezza a parlare di Torino: una città devastata, impoverita, abbandonata da una classe dirigente in fuga e illusa da leader politici sprovveduti. Torino è la città più cassaintegrata d’Italia, nei primi nove mesi del 2025 le ore di cassa sono cresciute di oltre il 40% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

Mirafiori, la cattedrale operaia dove una volta entravano 50.000 lavoratori, è in cassa integrazione da vent’anni, oggi non ha più nemmeno il logo Fiat sulla palazzina centrale. Il 70% dei lavoratori metalmeccanici è stato coinvolto in processi di crisi e ristrutturazioni. Dal 2008 a oggi hanno chiuso 500 aziende legate all’automotive e all’indotto, con il licenziamento di 35.000 lavoratrici e lavoratori. I sindacati hanno calcolato che circa 200.000 lavoratori con le loro famiglie sono stati coinvolti negli ultimi tempi da provvedimenti di cassa integrazione. Gli ultimi epigoni degli Agnelli, gli Elkann, promettono 400 assunzioni a tempo determinato, ma guardano altrove, vanno via, hanno messo in vendita la Stampa e anche per la Juventus si mette male.

Torino a pezzi, la priorità non è il centro sociale

Lo sgombero del centro sociale Askatasuna di Torino il 18 dicembre 2025
In questo contesto sociale ed economico, la priorità del governo Meloni e del sindaco Lo Russo, uno del Pd, è di sgombrare il centro sociale Askatasuna, attivo dal 1996, considerato un minaccioso centro di violenza. Il ministro dell’Interno Piantedosi, cui si deve anche la chiusura in estate del Leoncavallo di Milano, sostiene che si tratta di un’operazione di ordine pubblico. Il sindaco precisa che gli occupanti hanno “rotto il patto con la città” e, dunque, via. (A proposito di patto con la città, il signor sindaco e i suoi predecessori -Appendino, Fassino, Chiamparino – dovrebbero chiamare i vertici di Stellantis e ricordare la violazione dei patti sottoscritti dai vari Marchionne e soci). La polizia tutta ben equipaggiata (ma non avete niente di meglio da fare?) ha sgomberato cinque, sei ragazzi e un paio di gatti. Porte murate, chiusa l’acqua. Così nessuno si sogna di tornare. Askatasuna porta la “colpa” di essere No Tav, di aver manifestato per salvare Gaza, di aver partecipato alla devastazione della redazione della Stampa. Askatasuna può essere piacevole come nonna Aska che serve il caffè davanti ai celerini incattiviti o irritante come gli idranti d’acqua gelata della polizia. Il centro sociale, che porta il nome basco di libertà, è stata una presenza solidale, viva, aperta nella città moribonda della Fiat.
Centri sociali come Asktasuna, come il Leoncavallo e altri ancora possono piacere o meno, sono controversi proprio nel Dna, ma sono luoghi di socialità, di politica, di idee, dove minoranze attive si muovono su percorsi non tradizionali. Non sono “maranza”, definizione di moda che ormai giornalisti pigri usano per tutto. I centri sociali sono occupati illegalmente? Certo, fino a quando la politica, le istituzioni non riconoscono la loro funzione.

Gli sgomberi non risolvono i problemi delle città

Lo sgombero del centro sociale Leoncavallo a Milano il 21 agosto 2025
Quando Piantedosi sgombrò il Leoncavallo di Milano la scorsa estate, Nadia Urbinati, politologa italo-americana, commentò: “Numerosi agenti in tenuta antisommossa per sgomberare un luogo vuoto. Il ministro Piantedosi ha fatto a Milano esattamente quel che fece a Bologna, quando era prefetto, sgombrando il La’bas il 15 agosto con un dispiegamento di forze superiore al numero delle zanzare”.
L’ironia fa premio, solo per un momento, su episodi di presunta tutela della legalità che si prestano, al di là dei giudizi contrastanti sul fenomeno dei centri sociali, a un confronto su altri aspetti importanti dei modelli delle nostre grandi città, dei problemi di aggregazione, socialità, cultura che coinvolgono i centri urbani dove spesso nascono e si sviluppano canali di creazione e produzione artistica, organizzazione sociale che non seguono le regole consolidate dell’ufficialità e della legalità. Uno di parte come Vittorio Sgarbi, già assessore alla Cultura della giunta di Letizia Moratti, ha proposto un’analisi seria del fenomeno Leoncavallo che egli difese anni fa. Ha detto di non condividere lo sgombero poliziesco, ma ha aggiunto che l’originalità e la funzione del Leoncavallo sono andate smarrite, deve ripensare il suo futuro. Si può discutere, magari senza idranti e sgomberi, anche perché sui muri del Leonka ci sono opere d’arte.

Si può vivere e pensare diversamente? Le occupazioni in Europa

Il problema centrale che dovrebbe interessare la sinistra è di capire se in questa società c’è spazio per minoranze che vestono strano, pensano diversamente, vivono ai margini con l’idea però di conquistare spazi ideali e concreti. Negli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso le occupazioni abusive, le mostre e i concerti autorganizzati, le mense, spesso illegali formavano un tessuto che in tutta Europa ha pervaso la società. Londra, Berlino, Amsterdam sono state travolte da questi fenomeni che miscelavano le esigenze di molti giovani alla ricerca di una via di emancipazione culturale, sociale, anche economica lontana dal mainstream. Un’ambizione capace, grazie alle qualità espressive, alle idee politiche e sociali, di affermarsi come tendenze di successo e di largo consenso.

Le case occupate di Kreuzberg a Berlino sono diventate un movimento politico, le cantine punk di Londra hanno prodotto gruppi musicali capaci di vendere decine di milioni di dischi, pure il Leoncavallo ha fatto storia, con scrittori, attori, musicisti e anche parlamentari usciti da quei capannoni. Certo il Leoncavallo nasce da un’occupazione illegale, ma è durato cinquant’anni e qualche buona ragione ci sarà. Per questo i centri sociali in Europa, la loro cultura e la loro azione sono studiati dalle università. Bisognerebbe essere, forse, più laici e tolleranti quando si osservano e si giudicano questi fenomeni. Se si guarda al rispetto delle regole e delle buone maniere, allora sono fuori gioco non solo i centri sociali, ma buona parte della storia dell’arte, per non parlare del mondo degli affari. Se Piantedosi e Salvini conoscessero la vita assai irregolare di Basquiat o di quali peccati inconfessabili si macchiavano i frequentatori della factory di Warhol entrerebbero alle Galleria d’Italia di Milano con i reparti antisommossa ad oscurare le formidabili opere esposte dei due artisti.
Per battere disuguaglianze e ingiustizie ci deve essere spazio per le minoranze
La questione aperta è se in una metropoli con le sue eccellenze e i suoi guai, le sue istituzioni, i suoi riti, con la Scala, il Piccolo e pure San Siro, tra l’Expo e le Olimpiadi, la moda e il design, c’è spazio per soggetti diversi, alternativi e se possono avere cittadinanza in un sistema dove comandano comunque e sempre altri interessi. Finora non è stato ancora trovato il modo pacifico per tenere tutto insieme. Ma se si vogliono combattere disuguaglianze e ingiustizie, se si vuole comprendere che le minoranze, soprattutto quelle che non ci piacciono, sono necessarie al tessuto democratico, allora bisogna mettere le mani in questi problemi non semplici e difendere gli spazi democratici.
Presentare Askatasuna e il Leoncavallo come problemi di ordine pubblico è un errore, una semplificazione propagandistica. A Torino c’era un accordo con il Comune che il sindaco si è affrettato a cancellare per allinearsi a Piantedosi. A Milano lo sgombero del Leoncavallo è stato deciso dal governo senza comunicarlo al sindaco Sala (di Milano) che teneva in piedi una trattativa per il trasferimento del centro sociale da Greco, il “comune antico” dove Alessandro Manzoni fa entrare in città il povero Renzo afflitto dalle pene d’amore, in un capannone (ma coperto di amianto!) al Corvetto. Sala riconosce che il Leoncavallo ha “un valore storico e sociale nella nostra città, a mio parere questo centro sociale deve continuare ad emettere cultura”.
Chissà che non ci ripensi anche Lo Russo, (sindaco di Torino) passare alla storia come il sindaco che ha chiuso Askatasuna non sarà un merito. 

Comunicazione

Un'amica straniera e un amico italiano mi hanno fatto notare un inconveniente non da poco.
La pubblicità sui siti! Sono una fonte di guadagno  per loro.
Purtroppo ho visto anche io che spesso queste pubblicità sotto forma di immagini si aprono improvvisamente impedendo la lettura dell'articolo pubblicato.
Io ho ovviato installando l'app di duckduckgo che bloccando questi intrusi, permette tranquillamente la lettura.
Capisco che non tutti abbiamo la voglia di installare l'app perciò sarà mia premura in futuro di pubblicare per esteso l'articolo mettendo ovviamente la fonte al termine.
Chiedo scusa per il problema.

Una storia importante

Il mondo non seppe mai quanto fu vicino alla fine, perché un uomo restò seduto in silenzio e disse una sola parola: no.

Ottobre 1962. La Guerra Fredda è arrivata al punto di rottura. Gli Stati Uniti scoprono missili nucleari sovietici a Cuba e rispondono con un blocco navale. Ogni mossa sbagliata può trasformarsi in un’apocalisse. In quelle stesse ore, sotto l’Atlantico, il sottomarino sovietico B-59 naviga isolato, senza comunicazioni, senza notizie, senza certezze.

Telefonata da scuola

"Nonna, nonna, ci fai la polenta?" 
 Va bene, rispondo. 
"Ma quella fritta!" 
 Pure, rispondo. 
 "Vengono anche D. e M." 😳 

 Posso dire: poverammia? 😉🤣