Missione: riportare il petrolio sotto il dollaro Usa
Ed eccoci giunti al punto. Il Venezuela ha le riserve di petrolio più grandi del mondo ed è uno dei principali produttori. E il problema maggiore è che ne vende una grande quantità alla Cina, che nel frattempo è diventata il centro di un mercato parallelo di idrocarburi che connette tra loro anche Russia, Iran e Paesi arabi.
Nel concreto, vuol dire che una fetta consistente del mercato globale del petrolio non fa più riferimento al dollaro per gli scambi, ma allo yuan cinese. Una situazione che compromette molto il potere e la presa della moneta statunitense sugli altri Paesi. Non a caso, il settore degli idrocarburi venezuelano è bersaglio delle sanzioni americane da anni e, adesso, anche del contenimento marittimo compiuto dalle navi di Washington. Le navi cariche di barili non riescono cioè a partire alla volta di Pechino e degli altri clienti. L'obiettivo a lungo termine degli Usa è dunque riportare sotto il potere del dollaro l'intero mercato petrolifero, come la rete del petrodollaro era riuscita a fare dagli Anni Settanta fino a qualche tempo fa.
Ma allora gli Usa attaccheranno direttamente il Venezuela?
Nonostante il dispiegamento di navi militari e della portaerei Gerald Ford, la più grande del mondo, la prima opzione degli Usa resta quella di evitare un attacco e il conseguente scontro militare diretto. Non a caso Trump ha segnalato l'autorizzazione della Cia a operazioni mirate in territorio venezuelano. La tattica preferita dall'amministrazione americana è dunque un aumento "calcolato" della pressione che spinga Maduro a dimettersi o a essere rovesciato senza però far piombare il Paese nel caos e nelle mani di una giunta militare. Il vero punto dirimente sarà capire se le forze militari sono o resteranno fedeli a Maduro in uno scenario di guerra. La pressione sul governo agisce tuttavia anche negli Stati Uniti: dopo un tale impiego di uomini e mezzi nel Mar dei Caraibi, il governo Trump vedrebbe come una sconfitta il ritiro degli americani "a mani vuote". Anzi, risulta assai probabile che gli Stati Uniti continueranno ad aumentare le sue forze armate, navi, aerei e persino truppe nei Caraibi. Per questo motivo, è probabile che Washington continuerà a tenere alta la tensione su Caracas con attacchi mirati, senza sfociare nell'escalation incontrollata. Seguendo, cioè, il medesimo copione visto in Medio Oriente con l'attacco all'Iran compiuto al fianco di Israele. [...]